LE ALTERNATIVE ALL’ABROGAZIONE DEI VOUCHER

 

Le forme contrattuali alternative dopo il 17 marzo 2017

 

Come sappiamo, il Decreto Legge n. 25/2017, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 64 del 17/03/2017, ha disposto l’abrogazione dei voucher e le modifiche in materia responsabilità solidale nei contratti di appalto.

 

A decorrere dal 17 marzo 2017 sia i soggetti privati che la generalità dei datori di lavoro non possono più acquistare i buoni lavoro, c.d. voucher, per regolarizzare le prestazioni di lavoro accessorio, prestazioni che, per circa il 60% del totale, apparteneva  a categorie come disoccupati, pensionati, seconda occupazione, che difficilmente potranno trovare alternative valide tra le tipologie di contratti attualmente vigenti.

 

Utilizzo dei “vecchi” voucher

Il decreto, con entrata in vigore immediata, pur avendo abrogato i buoni lavoro ha provveduto a creare una norma transitoria  consentendo  l’utilizzo dei voucher acquistati entro  il 17 marzo 2017 fino tutto il 31 dicembre 2017, (pertanto  i voucher già acquistati alla data di entrata in vigore del decreto legge rimangono validi e utilizzabili nel rispetto delle  precedenti disposizioni):

·         i limiti economici:

      il ricorso al lavoro accessorio è ammesso nel limite di 7.000 euro netti (9.333 euro lordi) per ogni prestatore di lavoro, con riferimento alla totalità dei committenti nel corso di un anno civile (1 gennaio-31 dicembre),

      le prestazioni rese nei confronti di imprenditori commerciali o professionisti, fermo restando il limite dei 7.000 euro, non possono comunque superare i 2.020 euro netti (2.693 euro lordi) per ciascun committente.

·         obblighi di comunicazione:

      all’Inps, prima dell’inizio della prestazione, una comunicazione obbligatoria di attivazione e inizio attività del lavoratore;

      all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, tramite pec, almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione, una comunicazione con i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, indicando il luogo, il giorno e l’ora di inizio e di fine della prestazione.

·         sanzioni:

      la mancata dichiarazione preventiva di attivazione all’Inps e all’Inail da parte del committente prevede l’applicazione della “maxi sanzione” ai sensi dell’articolo 3, comma 3, D.L. 12/2002, convertito dalla L. 79/2002, così come modificato dall’articolo 22, D.Lgs. 151/2015.

 

Forma alternative contrattuali per la flessibilità

Con il vuoto normativo venutosi a creare il “datore di lavoro” deve prontamente trovare il sostituto a tale tipologia di contratto flessibile, in attesa che la Legge di conversione del Decreto possa eventulamente creare dei “paracaduti” accessibili.

Per le Imprese attualmente non si registrano valide alternative che possano rispondere appieno alle esigenze di una prestazione di lavoro di natura occasionale. Non è del tutto adatto il contratto di lavoro determinato part/time poichè non è possibile definire a priori l’esatta entità  e modalità di prestazione ricordando che il “termine”  prefigura comunque una durata, seppur minima e quindi una sua programmazione oltre che i divieti connessi al cosiddetto “stop & go”, che impongono un intervallo di tempo minimo tra un contratto e l’altro. Non è il contratto di somministrazione, per il costo orario della prestazione, che supera anche del 50% quello del lavoratore utilizzatore di voucher.

Il lavoro a chiamata appare come quello più simile alle esigenze cui rispondeva il buono lavoro. Tale tipologia  consente infatti di regolare prestazioni di carattere discontinuo. Però si tratta pur sempre di lavoro subordinato con adempimenti e formalità da espletare, senza dimenticare che il costo presenta anch’esso un significativo aumento, rispetto al lavoro accessorio, tra il 40% e il 60% se prevista l’indennità di disponibilità.

Tuttavia, allo stato normativo attuale, le possibili alternative percorribili  ai buoni lavoro per regolarizzare i rapporti di lavoro occasionale sono le seguenti:

Ø lavoro intermittente;

Ø contratti di somministrazione;

Ø collaborazioni coordinate e continuative;

Ø collaborazioni occasionali.

 

Lavoro intermittente

La forma contrattuale che, come sopra anticipato,  più si avvicina allo strumento voucher è il lavoro intermittente, contratto con il quale il lavoratore mette a disposizione di un datore di lavoro la propria prestazione lavorativa, sia a tempo indeterminato che a termine, con o senza l’obbligo di rispondere alla chiamata.

A differenza del voucher il lavoro intermittente è un rapporto di lavoro subordinato a tutti gli effetti, prevede gli adempimenti tipici di un rapporto di lavoro e il suo utilizzo è soggetto a limiti sia in fase di assunzione (età e qualifiche), sia per la durata del contratto (400 giorni), nel dettaglio:

il lavoro intermittente o a chiamata è un contratto che si può attivare qualora si presenti la necessità di utilizzare un lavoratore per prestazioni con una frequenza non predeterminabile, permettendo al datore di lavoro di servirsi dell’attività del lavoratore, chiamandolo all’occorrenza. È richiesta la forma scritta del contratto (anche se solo ai fini della prova della sussistenza del contratto e non per la sua validità) indicando i contenuti previsti per legge, tra cui la durata a tempo determinato o indeterminato.
La disciplina normativa è contenuta nel Decreto Legislativo di riordino delle tipologie contrattuali (D.lgs. 81/15).

Il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato:

·         per le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento allo svolgimenti di prestazioni in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno;

·         nel caso di soggetti di età inferiore a 24 anni, oppure, di età superiore a 55 anni. Le prestazioni a chiamata si devono comunque concludere entro il compimento del 25esimo anno.

Qualora la prima ipotesi non sia attuata dalla contrattazione collettiva, le ipotesi di ricorso a questo tipo di contratto sono individuate da un apposito decreto ministeriale. Come confermato dall'Interpello n. 10/16, è ancora possibile riferirsi alle attività a carattere discontinuo della tabella allegata al R.D. n. 2657 del 1923, in relazione alla possibilità di ricorrere a prestazioni di lavoro intermittenti.

Il contratto di lavoro intermittente, come confermato anche dalla nuova disciplina raccolta nel Decreto Legislativo n.81/2015, è ammesso per ciascun lavoratore e con il medesimo datore di lavoro per un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate nell’arco di tre anni solari, ad eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. Nel caso in cui sia superato questo periodo, il rapporto di lavoro intermittente si trasforma in un rapporto a tempo pieno e indeterminato. 

A livello retributivo, il lavoratore a chiamata ha diritto alla retribuzione unicamente nei giorni e nelle ore in cui si rende necessaria la prestazione; in relazione al lavoro effettuato il dipendente a chiamata matura ferie, ex festività, ratei di mensilità aggiuntive e Tfr.

E’ prevista un’indennità di disponibilità nel caso in cui il lavoratore si impegni contrattualmente a rispondere alla chiamata. L’importo dell’indennità è determinato dai contratti collettivi ma non è inferiore all’importo minimo fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Il datore di lavoro deve effettuare, oltre alla CO (comunicazione obbligatoria di instaurazione rapporto di lavoro), una comunicazione amministrativa prima dell’inizio dello svolgimento della prestazione lavorativa svolta dal medesimo lavoratore, o prima dell’inizio di più prestazioni di durata non superiore a 30 giorni svolte all’interno di una preventiva pianificazione, utilizzando il portale del Ministero del Lavoro (Clic Lavoro) oppure scaricando, la nuova funzionalità App Lavoro Intermittente,  su smartphone e tablet.

 

Contratti di somministrazione

La somministrazione di lavoro, nello scenario ordinamentale, si mostra garantire una più incisiva e strutturata flessibilità. In particolare, il riferimento va ad una particolare fattispecie dello stesso, prevista dall’art. 51 del CCNL per le Agenzie di Somministrazione, ovvero la Somministrazione a tempo determinato con monte ore retribuito garantito (MOG).

Segnatamente, possono essere stipulati contratti di lavoro in somministrazione a tempo determinato della durata minima di tre mesi, nel rispetto del principio di parità di trattamento retributivo e secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva applicata dall’utilizzatore. Ancora, viene garantita al lavoratore una retribuzione minima su base mensile pari al 25% dell’orario di lavoro normale (a tempo pieno) applicato presso l’azienda utilizzatrice.

Nel contratto di lavoro va inoltre indicata la fascia oraria di riferimento per lo svolgimento della prestazione (antimeridiana 6-14, postmeridiana 14-22, serale notturna 22-6, fascia oraria alternativa: massimo 6 ore da specificare nel contratto di assunzione). La fascia oraria può comunque essere modificata, acquisito il consenso del lavoratore.

L’attività lavorativa può essere richiesta al lavoratore in funzione delle effettive esigenze organizzative dell’utilizzatore. Tuttavia, l’orario ed il giorno della prestazione dovranno essere comunicati al lavoratore con un preavviso minimo di 24 ore prima dell’inizio dell’attività stessa. Il lavoratore, nell’ambito della fascia prevista contrattualmente e fino al limite del monte ore stabilito contrattualmente, dovrà prestare la propria disponibilità alla chiamata, dal momento che in caso di rifiuto giustificato non risulta obbligo alcuno relativo ad una retribuzione minima.

 

Collaborazioni coordinate e continuative

La recente riforma con l’abolizione del progetto, oltre a prevedere un  rigido sistema sanzionatorio in caso di applicazione non genuina, ha disposto che la disciplina della Co.Co.Co. si applichi solo a determinate ipotesi debitamente elencate (art. 2 c.2 Dlgs. 81/2015). Il contratto (di parasubordinazione) stipulato,  al di fuori di tali previsioni,  sarà legittimo solo se svincolato dai canoni “tipizzati” del lavoro subordinato e da quelli di etero-organizzazione delineati dal Jobs Act.

Il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa deve presentare un significativo connotato di autonomia della prestazione, pena l’illegittimità e la conversione dello stesso. Non è consentito, ad esempio, che il committente stabilisca l’orario di lavoro o determini in maniera puntuale le mansioni.

Queste sono esigenze che invece possono legittimamente insorgere nell’ambito di un lavoro occasionale, pertanto anche la collaborazione coordinata e continuativa, pur apparentemente compatibile, non risulta idonea all’applicazione per il lavoro occasionale.

 

Collaborazioni occasionali

Le prestazioni occasionali costituiscono una tipologia di collaborazione con la quale il committente incarica un soggetto (prestatore di lavoro autonomo occasionale)  a svolgere un’opera o un servizio.

Le caratteristiche principali di tale collaborazione sono:

·        svolgimento della prestazione in completa autonomia;

·        attività occasionale esercitata senza l’apertura della partita iva e senza obbligo di tenuta di libri e registri contabili.

Il lavoratore occasionale, pertanto, svolge la sua attività in modo autonomo, senza alcuna continuità nell’esecuzione delle prestazioni e senza nessun coordinamento con la organizzazione del committente; in questo tipo di collaborazione, pertanto, il collaboratore agisce in assenza di rischio economico, non ha vincoli di orario e la sua attività è solo di supporto al raggiungimento degli obiettivi del committente.

La collaborazione occasionale può essere considerata lo strumento che appare più simile a rispondere alle esigenze connesse al lavoro accessorio, in quanto permette di regolarizzare situazioni estemporanee ed occasionali di richiesta di lavoro; tuttavia rappresenta la tipologia di prestazione più rischiosa da porre in essere in quanto:

·        non è in alcun modo preventivamente tracciata (tale carenza può essere risolta mediante versamento anticipato della ritenuta d’acconto);

·        non prevede alcuna copertura Inail;

·        prevede l’iscrizione alla gestione separata Inps solo nel caso in cui il lavoratore superi i 5.000,00 euro di compensi di natura occasionale nel corso dell’anno incluse le erogazioni di tutti i committenti.  

 

 

03/04/2017

 

www.studioansaldi.it

 

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